di Beti Piotto e Aristide Colonna

Il Ministero della Salute afferma che la varroatosi (o varroosi) è la malattia delle api con il maggior impatto sull’apicoltura. L’acaro Varroa destructor infatti, segnalato ufficialmente in Italia nel 1981, nutrendosi del corpo grasso della covata e degli adulti causa malformazioni, alterazioni del comportamento e riduzione dell’aspettativa di vita delle api con conseguente indebolimento e collasso delle famiglie per l’azione parassitaria. Risulta, inoltre, vettore di virus.

Il controllo della varroa è quindi fondamentale, ma tutt’altro che semplice: molti acaricidi lasciano residui inquinanti non desiderati, alcune tecniche apistiche di controllo non sempre sono facili da applicare. Rappresenta, insomma, un grande problema per l’universo che gravita intorno all’alveare, compresa l’apiterapia. Dopo infiniti tentativi di sconfiggere l’acaro, gli apicoltori sentono un grande bisogno di soluzioni definitive ma eco-sostenibili.

In molti giornali scientifici sono state recentemente descritte le ricerche che sulla lotta alla varroa attualmente si conducono alla Washington State University (zona Nordoccidentale degli Stati Uniti). Il College of Agricultural, Human, and Natural Resource Sciences dell’Università è noto per l’ottimo livello delle sue ricerche agronomiche. Agli studi hanno partecipato micologi ed entomologi associati all’Oregon Bee Association.

I ricercatori della Washington State University sono partiti dal fatto che il fungo Metarhizium acridum era stato impiegato con successo per combattere alcune specie di ortotteri, in particolare le cavallette, nei confronti delle quali ha mostrato specificità e virulenza. Hanno quindi iniziato le ricerche per la lotta alla varroa con una specie analoga, il Metarhizium anisopliae, capace di atterrare sull’acaro, germinare e far crescere minuscoli tubi che forano l’esoscheletro e si espandono nel corpo uccidendolo. Il “biopesticida” ha mostrato elevata efficacia ma purtroppo una caratteristica limitante: non sopporta le temperature che si registrano all’interno dell’alveare (anche 35 °C).

A questo punto gli studiosi hanno portato l’attenzione sul fungo Metarhizium brunneum, con fisiologia e aggressività affine ai prima citati, ed hanno deciso di lavorare per sviluppare un ceppo resistente al calore (35 °C). Per raggiungere questo obiettivo hanno stressato il fungo tramite l’aggiunta di perossido di idrogeno al loro substrato di coltura oppure “affamato” le spore, tutto ciò con il proposito di accelerare il tasso di mutazioni e aumentare così la variabilità della discendenza.

Le spore del fungo stressato sono state sottoposte ad un aumento graduale della temperatura in un’incubatrice. La maggior parte delle spore è morta, ma le sopravvissute hanno procreato la generazione successiva che sopportava temperature di 35 °C in percentuale superiore. Dopo numerosi cicli di trattamenti selettivi per ottenere ceppi resistenti al calore sono arrivati al 70% di sopravvivenza delle spore.

Inoltre hanno ricavato ceppi dai corpi degli acari morti e ottenuto spore con una duplice caratteristica: erano attive ma resistenti al calore. Il fungo è stato coltivato in un substrato di riso integrale, posto in piccoli quantitativi in sacchetti di rete e distribuito negli alveari (30 alveari) per procedere a un confronto con il trattamento in base di acido ossalico (30 alveari).

I controlli eseguiti dopo 18 giorni hanno rivelato risultati equivalenti. I ricercatori sono convinti che aumentando la concentrazione di spore gli effetti sulla varroa potrebbero essere ancora più marcati. Al momento il trattamento con ceppi resistenti al calore di Metarhizium brunneum è promettente avendo destato molto interesse nell’ambiente scientifico e tra gli apicoltori. Servono sicuramente ulteriori accertamenti ma sono solide le basi su cui poggia lo studio.

Un obiettivo non trascurabile è quello di abbassare il costo, oggi piuttosto elevato, delle procedure per la produzione di spore e dell’intero trattamento. Non rimane che attendere i risultati dell’evoluzione dello studio.

(articolo pubblicato dall’Associazione Italiana Apiterapia sull’apis di agosto 2021)

Fonti

Stokstad E., 2021. Scientists evolve a fungus to battle deadly honey bee parasite
https://www.sciencemag.org/news/2021/06/scientists-evolve-fungus-battle-deadly-honey-bee-parasite?utm_campaign=news_
weekly_2021-06-04&et_rid=281958071&et_cid=3798041
Han J.O., Naeger N.L., Hopkins B.K. et al., 2021. Directed evolution of Metarhizium fungus improves its biocontrol efficacy against Varroa mites in honey bee colonies. Sci Rep 11, 10582 https://doi.org/10.1038/s41598-021-89811-2
https://www.nature.com/articles/s41598-021-89811-2
Ministero della Salute. Varroatosi.
https://www.salute.gov.it/portale/sanitaAnimale/dettaglioContenutiSanitaAnimale.jsp?lingua=italiano&id=256&tab=1
New strain of fungus helps regrow honey bee population

credit foto ape con varroa, scienzainrete.it