Oggi proponiamo la lettura di un articolo pubblicato sulla rivista l’Apis di dicembre. E’ un’intervista realizzata dal nostro presidente, Aristide Colonna, assieme all’agronoma, ed esperta di biodiversità, Beti Piotto, a Michelina Pusceddu.

Michelina si è occupata di difese come il cosiddetto grooming, ovvero il comportamento igienico, il distanziamento sociale, l’uso del veleno, il balling, ovvero tecniche di gruppo per aggredire un predatore facendo aumentare la temperatura oppure provocando l’asfissia, ecc. Tuttavia, il suo cavallo di battaglia è sicuramente l’automedicazione (detta self-medication) in Apis mellifera, attraverso la raccolta di resine e l’uso della propoli nell’alveare.

– Ecco l’intervista –

Quando si parla di “alimentazione” in senso stretto si parla di sostanze nutritive (cibo) e non di sostanze medicinali. La self-medication non avviene solo tramite ingestione della sostanza medicinale, ma anche per prossimità o contatto (uso topico) proprio come per noi essere umani.

Durante la 43° Fiera Nazionale “I giorni del miele”, Lazise (Verona) 30 settembre – 2 ottobre 2022, abbiamo seguito la presentazione della dottoressa Michelina Pusceddu del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Abbiamo quindi pensato di formularle alcune domande per illustrare i lettori di l’Apis sugli interessanti punti da lei trattati a Lazise.

Parlando di api, cosa si intende per immunità sociale?
“Per sistema di immunità sociale si intendono tutti quei meccanismi di difesa collettiva (principalmente di tipo comportamentale) che le api e altri insetti sociali hanno evoluto per combattere l’aumento del rischio di trasmissione delle malattie che nascono proprio a conseguenza della vita di gruppo. Alcune di queste difese, che derivano della cooperazione tra i singoli membri della colonia, sono preventive e volte a limitare l’arrivo della malattia all’interno del nido, altre vengono attivate “in caso di necessità” ossia quando patogeni e/o parassiti sono già penetrati all’interno dell’alveare e vengono definite curative. Oltre ai meccanismi di difesa sociale, in Apis mellifera sono presenti, come in tutti gli animali, anche sistemi difensivi di tipo individuale (immunità individuale)”.

Quali difese chimiche e comportamentali mette in atto Apis mellifera contro i suoi parassiti, patogeni?
“Tra le difese che le api hanno evoluto per contrastare patogeni e parassiti potrei citare: il grooming che consiste nella rimozione di parassiti o particelle estranee dal corpo dell’ape. Il grooming può essere rivolto verso se stessi (self-grooming) o verso una compagna di nido (allogrooming); il comportamento igienico e da becchino che consiste nella rimozione da parte delle api di casa di materiale estraneo all’alveare (pulizia del nido) e api morte (larve, pupe, adulti) o moribonde; l’automedicazione (selfmedication) attraverso l’utilizzo di sostanze medicinali che possono essere autoprodotte (esempio il veleno) o raccolte dall’ambiente esterno (esempio resine)”.

Le api usano l’automedicazione in risposta all’acaro Varroa destructor o ad altri nemici dell’alveare?
“Da oramai sette anni il gruppo di Apidologia del Dipartimento di Agraria, dell’Università degli Studi di Sassari studia nell’ape da miele la raccolta di resine e l’uso della propoli nell’alveare. In primo luogo, abbiamo dimostrato che le colonie infestate da Varroa incrementano la raccolta di resine. Le resine sono sostanze appiccicose che le piante producono a loro volta per proteggersi dai loro agenti patogeni e che possiedono proprietà bioattive. È bene ricordare che la propoli è una miscela di resine e cera d’api. Una volta scoperto questo, ci siamo domandati che beneficio traessero le colonie infestate nell’aumentare lo sforzo di raccolta di resine in presenza del parassita. Grazie anche alla preziosa collaborazione dei gruppi di Apidologia dell’Università di Udine e della Martin Luther University Halle-Wittenberg (Germania) abbiamo inoltre dimostrato che la propoli ha un effetto positivo sull’ospite (ape operaia) in termini di longevità e un effetto negativo sul parassita in termini sia di mortalità sia di fertilità. Tuttavia, l’acaro Varroa destructor non si è coevoluto con la nostra ape e ciò rende più difficile studiare l’interazione ospite/parassita in questo caso. Probabilmente alcune strategie difensive già presenti nel repertorio comportamentale dell’ape da miele, poiché evolute nei confronti di altri patogeni/parassiti con i quali si è coevoluta, possono essere reindirizzate nei confronti di nuovi parassiti e patogeni. Infatti, riguardo a ciò e per rispondere completamente alla vostra domanda è interessante notare che un incremento della raccolta di resine è stato osservato dal gruppo della studiosa Marla Spivak (USA) anche nei confronti del fungo patogeno Ascosphaera apis (covata calcificata)”.

Cosa si intende invece per immunità organizzativa?
“L’organizzazione tipica delle api da miele, caratterizzata da divisione in caste con ruoli differenti (regina, operaie e fuchi), un’ulteriore suddivisione delle operaie in differenti coorti (in base alla loro età e compito nell’alveare) e una divisione spaziale del nido, rappresenta di per sé una prima difesa di prevenzione poiché regolamenta e limita i contatti tra gli individui. Tale organizzazione è stata definita “immunità organizzativa costitutiva” poiché presente anche in colonie sane. Questo modello teorico è stato dimostrato in Apis mellifera dove è emerso che la rete di interazione tra gli individui di una colonia (sia a livello sociale sia spaziale) segua il modello a compartimenti dove ai margini più esterni si trovano le vecchie bottinatrici potenzialmente più esposte alle malattie. Mentre, nella regione più interna del nido, e quindi più protetta, si trovano la regina, la covata e le giovani operaie. Questa segregazione spaziale allʼinterno della colonia porta a una frequenza di interazione inferiore tra i due compartimenti rispetto a quella che si può osservare allʼinterno di ciascun compartimento e consente agli individui di maggior valore per la sopravvivenza della colonia, ovvero regina e covata, di essere protetti dall’ambiente esterno e quindi dall’arrivo di malattie”.

In che modo le api praticano il distanziamento sociale?
“L’immunità organizzativa costitutiva potrebbe essere rafforzata da strategie reattive, come la modifica delle reti sociali della colonia e l’uso dello spazio da parte degli individui all’interno del nido in presenza di un parassita o di un patogeno. Tale comportamento ha l’obiettivo di ridurre ulteriormente il rischio di diffusione di una malattia (immunità organizzativa indotta). Riguardo a ciò abbiamo recentemente dimostrato, grazie anche alla preziosa collaborazione con l’University College di
Londra, che in colonie infestate dall’ectoparassita Varroa destructor si verifica l’incremento del distanziamento sociale tra la coorte delle giovani allogroomanti e quella delle vecchie bottinatrici se confrontata a una situazione costitutiva presente nelle colonie sane. Questo meccanismo osservato nelle api da miele a livello di coorte è simile a quello osservato a livello individuale nei vertebrati”.

Che lezione possono apprendere gli apicoltori dal comportamento delle loro api?
“Le api, come tutti gli altri animali, non possono manifestare in maniera diretta il loro stato di salute. Tuttavia, in uno stato di salute compromesso da parassiti e/o patogeni, diversi segnali possono essere colti dall’apicoltore: cambi comportamentali, forza della famiglia, sintomi di patologie che portano a malformazioni nelle api o a odori particolari nell’alveare, sino ovviamente ad una mortalità elevata. Dunque, l’esperienza e il senso di osservazione a 360° dell’apicoltore durante i controlli periodici agli alveari (che andrebbero fatti regolarmente) aiuteranno a valutare correttamente i primi segnali di allarme. Questo per sottolineare in generale l’importanza delle osservazioni per la salute delle colonie. Inoltre, anche i risultati provenienti da studi che mostrano come le api cerchino di contrastare naturalmente i loro nemici possono essere utili all’apicoltore”.

In che modo?
“Ad esempio, gli studi sulla raccolta delle resine e l’utilizzo della propoli nell’alveare hanno dimostrato quanto la propoli sia importante per la salute della colonia. I risultati delle ricerche suggeriscono dunque di non selezionare contro questo carattere come è stato fatto in passato. Tuttavia, è bene ricordare che trattandosi di un antibiotico naturale non suggeriamo trattamenti “fai da te” spruzzando o addirittura alimentando le colonie con questa sostanza medicinale. In quanto… voi prendereste l’antibiotico tutti i giorni? Riguardo alla propoli, per ora solo le api conoscono la giusta ricetta medica!”.