A Lazise (VR) si è svolta la fiera nazionale “I giorni del miele”, giunta alla sua 44esima edizione. L’evento si è tenuto presso il centro storico e sul lungolago del Comune gardesano dal 6 all’8 ottobre 2023. Sabato 7, nell’ambito del Convegno “Il controllo della salute delle api e della salubrità dei loro prodotti” il Prof. Almo Farina, Università di Urbino e Associazione Italiana Apiterapia, ha presentato uno studio peculiare: “Le biofonie all’interno di un arnia contengono codici acustici?” Partiamo da qui per fare alcune domande sull’argomento.

Durante la sua carriera lei ha affrontato argomenti legati all’ecoacustica. Ci può brevemente illustrare?
“Certamente l’interesse verso l’ecoacustica non è recente ed è stato un trasferimento di conoscenze dal settore della landscape ecology e della ecologia di comunità, entrambe dominate dalla percezione visiva, a quello dei suoni. I suoni sono parte integrante dei nostri ecosistemi”.

I suoni naturali possono essere indicatori di habitat, di biodiversità e di patrimonio culturale? Perché?

“Le specie che emettono suoni sono molte ed il suono è un meccanismo semiotico di trasferimento di segnali. La diffusione dei suoni attraverso l’ambiente consente di utilizzarli come indicatori della presenza di specie e della loro abbondanza. Di conseguenza è possibile valutare l’ambiente sulla base di questi indicatori”.

Per definire il ruolo dei suoni nel paesaggio lei ha lavorato spesso con vertebrati, principalmente uccelli, perché si è ora interessato al ronzio delle api? Che cosa sono le biofonie?

“Intanto le biofonie sono i suoi emessi da specifici apparati vocali, per esempio nei mammiferi sono le corde vocali, negli uccelli la siringe, negli anfibi i sacchi vocali. Gli amici dell’Associazione Italiana Apiterapia hanno spinto la mia curiosità verso le api. Le api non emettono suoni modulati come gli uccelli ma per la loro organizzazione sociale scambiano segnali acustici associati a segnali chimici e visivi. I suoni emessi dalle api hanno attratto l’attenzione soprattutto per gli aspetti legati all’azione terapeutica dei ronzii”.

Come si è organizzato per lo studio presentato a Lazise? Quali erano gli obiettivi? Di quali strumenti ed attrezzature si è avvalso?
“L’obiettivo era quello di verificare la presenza di pattern sonori all’interno dell’alveare come meccanismo di comunicazione. Ed i risultati sono stati pubblicati su Biosystems. In questo studio ho utilizzato la tecnologia ecoacustica (registratori, microfoni, software) impiegati nella ricerca
sui paesaggi sonori, e rigorose procedure statistiche per l’analisi e l’interpretazione dei dati”.

Sappiamo di forme diversificate di comunicazione nell’ambito della colonia di api: ferormoni, “danze”. Lo studio che lei sta portando avanti cerca di codificare un nuovo linguaggio di comunicazione tra le api?
“Certamente, almeno nelle intenzioni. I suoni prodotti da migliaia di api associati ai suoni provenienti dall’esterno dell’alveare, complessivamente modificati dalla risonanza interna all’arnia, generano segnali emergenti che considero importanti meccanismi di codificazione acustica. È quanto trovato in questo studio”.

Le biofonie sarebbero una forma di comunicazione tra le api ancora poco esplorate?
“Sì, la ricerca in questo settore non è molto abbondante e alquanto frammentaria”.

Ci sarà un seguito al lavoro fin qui svolto?
“Certamente, abbiamo trovato patterns temporali del suono di un alveare, ora si tratta di collegare questi patterns all’attività delle api cercando di individuare delle relazioni dirette”.

Secondo lei, i suoni dell’alveare potrebbero esercitare un’azione benefica nelle persone, per esempio induzione al rilassamento?
“In linea di massima certamente. L’evoluzione delle api lo testimonia. Se i suoni di un alveare non avessero un beneficio per le api stesse sarebbero stati già da tempo eliminati. Credo comunque interessante investigare non tanto i suoni delle api quanto i pattern temporali creati da questi suoni. È forse in questo ambito che potremmo scoprire cose interessanti. Il coordinamento sociale delle api probabilmente passa attraverso le discontinuità acustiche che si verificano quando i suoni vengono modulati”.

Articolo a cura dell’Associazione Italiana Apiterapia pubblicato sulla rivista l’Apis.