prato casaSappiamo bene come il declino delle api, l’impollinatore per eccellenza, dipende da numerosi fattori negativi come la perdita di habitat e l’impiego di pesticidi.  In aiuto a situazioni di degrado, la ricerca ha messo in evidenza che in città ci sono aree che funzionano come rifuggi per gli insetti: i parchi pubblici, gli ambienti ruderali, i prati, i giardini.  Se ben gestite, queste aree possono mitigare alcuni effetti negativi fornendo habitat agli impollinatori.

Un recente lavoro (Lerman et al. 2018) pubblicato nella prestigiosa rivista Biological Conservation affronta il ruolo e la gestione dei prati domestici (quelli che noi chiamiamo prati all’inglese) in relazione alla loro funzione ecologica nei confronti degli impollinatori.

Diciamo subito che una delle critiche che gli ecologisti fanno ai prati all’inglese è che li considerano una forma di verde molto semplificata costituiti da poche specie di graminacee che richiedono elevati volumi irrigui.  Li considerano, forse esagerando, ambienti sterili per la biodiversità.  Tanto più se vengono rasati con elevata frequenza al punto di convertirli in siti rarefatti dove nessuna (o solo pochissime) specie vegetali riescono a compiere il loro ciclo vitale tramite la fioritura e la disseminazione.

Lo studio è molto approfondito ma sostanzialmente confronta la frequenza dei tagli del prato: una volta a settimana, una volta ogni due settimane, una volta ogni tre settimane.  Notare che la ricerca è stata fatta nello stato americano del Massachussets che ha una precipitazione media annuale di 1100 mm (Roma 800 mm) e risulta più fresco rispetto alle nostre aree mediterranee.

Le osservazioni hanno portato a queste conclusioni: il taglio ogni 2 settimane ha fatto rilevare un aumento della presenza delle api del 30% (osservate 93 specie diverse) perché era anche aumentato il numero di fiori a disposizione (soprattutto tarassaco e trifoglio) rispetto al prato rasato settimanalmente.  Il prato rasato ogni tre settimane aveva più fiori in assoluto ma alle api è sembrato meno attrattivo e quindi meno visitato perché, forse, l’erba alta creava difficoltà per raggiungere i fiori.

La conclusione dal punto di vista del giardiniere, vero o improvvisato, è che sarebbe arrivato il momento di essere un po’ più pigri se si vuole aiutare le api e la biodiversità in generale.

Ora pensiamo di nuovo ai prati all’inglese, rasati o non rasati, alla loro sete perenne negli ambienti mediterranei, alla loro necessità di essere curati costantemente.  Una marcata frugalità sia in relazione al limitato consumo idrico sia per la capacità di adattamento a terreni molto poveri e/o degradati è tipica dei prati fioriti (generalmente detti di wildflowers) che sono ispirati ai prati spontanei e si costituiscono tramite la semina di specie erbacee spontanee caratterizzate da fioriture accattivanti.  L’impiego di wildflowers mira anche a recuperare alcune specie fortemente legate ai vari agroecosistemi cerealicoli che hanno caratterizzato le campagne prima degli anni ’60, come il fior d’aliso (Cyanus segetum Hill.) e il gittaione (Agrostemma githago L.), la cui progressiva scomparsa non è da attribuire esclusivamente all’uso degli erbicidi ma probabilmente anche all’applicazione di insetticidi, geosterilizzanti o altri fitofarmaci che hanno un ruolo determinante nella quasi completa eliminazione di impollinatori, imprescindibili per queste piante.

Anche per i prati fioriti sono importanti i tagli: non debbono essere frequenti per assicurare l’autosemina delle specie presenti e diminuire così i costi di gestione.

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha pubblicato il volume “Specie erbacee spontanee mediterranee per la riqualificazione di ambienti antropici” (http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/manuale_86_2013.pdf) che tratta in modo approfondito le criticità e le possibilità d’impiego delle specie erbacee spontanee mediterranee in aree degradate. Tuttavia è ancora necessario del lavoro per individuare le specie particolarmente adatte all’impiego e per definire le tecniche colturali pertinenti in ambienti diversi.

fioritura spontanea

Fioritura spontanea di anemoni e calendule nel Parco Regionale dei Monti Lucretili (foto di S. Panzarasa)

BIBLIOGRAFIA

a cura della dr.ssa Beti Piotto, agronoma, membro dell'Associazione Italiana Apiterapia e dell'Accademia Italiana di Scienze Forestali