Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe si grattava con un coccio e stava seduto in mezzo alla cenere (Antico Testamento – Le piaghe di Giobbe)

psoriasi1Le malattie cutanee squamose e pruriginose vengono descritte per la prima volta nell’antico testamento, ma è possibile individuare già qualche accenno nei codici assiro babilonesi ed in alcuni papiri Egizi. Ippocrate nel V secolo a.C. introdusse i concetti di lepra e psora identificando svariate malattie desquamative pruriginose, tra cui anche la lebbra. La confusione tra lebbra e psoriasi durerà fino al XVIII secolo quando il dermatologo inglese, Robert Willan (1757-1812) le distinguerà chiarendone manifestazioni (caratteristiche e tipologia della lesione) e complicanze (esito letale e andamento acuto e cronico).

Nel 100 d.C., Claudio Galeno conia il termine “psoriasis vulgaris” per indicare alterazioni desquamative ma solo nel 1841 il dermatologo austriaco Ferdinand von Hebra, le dà il nome definitivo di psoriasi, dal greco psora, desquamazione / prurito.
La psoriasi è una malattia infiammatoria della pelle per lo più ad andamento altalenante, cronico e stagionale, non infettiva e quindi non contagiosa, localizzata e dalle dimensioni contenute (ginocchia,cuoio capelluto, gomito) o estesa a tutta la superficie corporea, che origina da diversi fattori immunitari, genetici e ambientali. Sebbene l’origine sia ancora sconosciuta, alla predisposizione ereditaria si associano molto spesso dei fattori scatenanti come traumi, stili di vita (stress, fumo, alcol), squilibri
ormonali, comuni infezioni (es. streptococco) e farmaci (es. farmaci antiinfiammatori non-steroidei).
Il Ministero della Salute stima che la malattia colpisca tra il 2 e il 3 per cento della popolazione, soprattutto tra la seconda e terza decade di vita, con leggera prevalenza nel
genere femminile (1). Per alcuni può essere vissuta come un leggero fastidio per altri invece può compromettere significativamente la qualità della vita, soprattutto quando le zone colpite sono quelle più esposte come ad esempio una mano, un gomito o un ginocchio o altresì quando la malattia arriva a colpire zone sensibili come articolazioni (artrite psoriasica), unghie (onicopatia psoriasica) e perché no la congiuntiva degli occhi.
Alla base della malattia c’è un disordine nella crescita e nell’attività dei cheratinociti.
Il nostro organismo infatti produce a ciclo continuo cellule dermiche che progressivamente migrano dagli strati più profondi verso la superficie andando a sostituire quelle presenti che muoiono e vengono eliminate attraverso un processo noto come desquamazione.
In una persona sana questo ciclo dura in media 3-4 settimane, nel malato psoriasico, il ciclo avviene in un tempo molto ridotto (dai 3 ai 7 giorni) e le cellule che raggiungono la superficie sono spesso ancora immature e inadatte a svolgere la funzione barriera che gli compete. Perché i cheratinociti vadano incontro ad un’accelerazione del sistema di ricambio non è ancora chiaro, ma nella maggior parte dei casi il responsabile è il sistema immunitario ed in particolare una specifica popolazione di cellule, i linfociti T che, se in condizioni normali ci proteggono, in questa situazione innescano uno stato infiammatorio alterando il processo riproduttivo. Probabilmente è proprio la predisposizione genetica (geni PSORS) a produrre questo errore del sistema immunitario. A conferma di ciò una persona su tre, tra quelle affette da psoriasi, ha un parente colpito dalla stessa malattia(1).
Una delle forme più diffuse è quella che va sotto il nome di psoriasi volgare caratterizzata da macchie rosse – ricoperte da squame di colore argenteo (2) dovute all’intensa dilatazione dei vasi sanguigni superficiali – spesso localizzata in arti e cuoio capelluto, raramente pruriginosa ma accompagnata da un’intesa secchezza cutanea.

La psoriasi è una malattia da cui non si guarisce, si possono solo alternare momenti intensi a momenti di latenza e le terapie in atto sia convenzionali sia non, hanno proprio l’obiettivo di far sì che i momenti di latenza siano più lunghi possibile.
Il Ministero della Salute riporta almeno tre approcci distinti alla malattia psoriasica: il trattamento topico a base di cortisone e basi emollienti, la fototerpia ossia l’esposizione alla luce artificiale e, qualora le prime due non siano state efficaci, la terapia orale che avviene mediante l’assunzione di diverse categorie di farmaci (metotrexate, ciclosporine e farmaci biologici) che possono però avere importanti effetti collaterali.
Nei primi anni del ‘900, Lautal, un apicoltore hobbista, impiegò il veleno d’api in svariate patologie cutanee, tra cui anche psoriasi, sfruttando, forse senza saperlo, la speciale affinità del veleno per le cellule endoteliali che costituiscono le pareti dei vasi sanguigni e linfatici. Una donna sulla cinquantina, affetta da diverse lesioni soprattutto sul volto venne trattata con 1500 punture sia in corrispondenza della lesione sia intorno, arrivando a una graduale guarigione senza successive ricadute. In uno studio decisamente più recente è stata invece valutata l’efficacia del veleno d’ape in presenza di placche psoriasiche localizzate (recalcitrant localized plaque psoriasis- RLPP); messi a confronto due gruppi, uno trattato con iniezioni localizzate di apitossina e l’altro con iniezioni di soluzione placebo,  ne sono stati valutati gli effetti terapeutico immunologico e clinico(3). Le risposte terapeutiche osservate sono risultate significativamente diverse: nel gruppo trattato con il veleno d’api, la risposta completa è stata raggiunta nel 92% dei pazienti, con una diminuzione statisticamente significativa dei valori sierici di TNF-α ma, soprattutto, senza nessun episodio di recidiva.
Il veleno d’api non è però l’unico prodotto utile, infatti grazie alle sue proprietà antinfiammatorie, analgesiche e antisettiche anche la propoli riveste un ruolo significativo; i flavonoidi in essa contenuti oltre alla ben nota azione antimicrobica esplicano, infatti, anche una marcata azione antinfiammatoria ostacolando l’azione degli
enzimi che cercano di rompere la membrana cellulare innescando il rilascio di mediatori dell’infiammazione e conseguentemente di istamina.
In questo ambito si consiglia l’assunzione di propoli grezza tre volte al giorno per 3-4 mesi in piccoli quantitativi nella misura della punta di un cucchiaino di caffè e l’applicazione di un unguento con tintura di propoli al 5-10% e cera d’api. La finalità dell’unguento è quella di attenuare la secchezza della pelle e successivamente stimolare la cicatrizzazione delle lesioni presenti e rallentare il processo di desquamazione.
L’aggiunta, infine, di pappa reale, una miscela complessa di acqua, zuccheri, grassi, vitamine e proteine al 5% completa il trattamento andando a stimolare e rafforzare l’immunità cellulare (4).
cucchiaio mieleUn’interessante associazione tra miele, cera d’api e olio di oliva (honey mixture in rapporto 1:1:1) è alla base, invece, di uno studio condotto su 18 pazienti, di cui 10 già in cura con corticosteroidi, affetti da psoriasi localizzata sottoposti a trattamenti diversi e finalizzato a valutare l’efficacia dell’honey mixture rispetto a composti placebo e miscele costituite da honey mixture addizionata di corticosteroidi in rapporti diversi.
Dopo cicli settimanali ben cadenzati, 5 pazienti su 8 hanno mostrato una risposta significativa al honey mixture mentre fra i pazienti che facevano già uso di corticosteroidi, 5 su 10 non mostrarono alcun peggioramento sebbene gli fosse stata ridotta la dose di corticosteroidi per un 75% (5).
Concludo con una curiosità, il Ministero della salute del Kuwait ha autorizzato un preparato a base di prodotti naturali tra cui miele, propoli e aloe per curare pazienti affetti da psoriasi.
Il farmaco, una crema che agisce sullo strato esterno della pelle, asportando lo strato colpito dalla psoriasi e accelerando la crescita delle cellule sane, si è rivelato efficace in circa l’80% dei casi (6).

NOTE

  • (1) www.salute.gov.it
  • (2) Psoriasis pathophysiology: current concepts of pathogenesis J G Krueger, A Bowcock |
  • (3) Eltaher S1, Mohammed GF, Younes S, Elakhras A.:Efficacy of the apitherapy in the treatment of recalcitrant localized plaque psoriasis and evaluation of tumor necrosis factor-alpha (TNF-α) serum level: A double-blind randomized clinical trial
  • (4) Cristina Mateescu: Apiterapia
  • (5) Al-Waili NS:Topical application of natural honey, beeswax and olive oil mixture for atopic dermatitis or psoriasis: partially controlled, single-blinded study
  • (6) http://www.kuna.net.kw
a cura della dr.ssa Enrica Baldazzi, farmacista. Articolo pubblicato sulla rivista l’Apis di maggio 2017