miele1“Il miele, certo l’ho assaggiato tante volte!”.  In effetti alzi la mano chi non lo ha mai gustato, in un latte tiepido, su un pasticcino arabo, in un dolcetto casalingo. Ora anche nella preparazione del panettone. Ma così, schietto, sulla punta di un cucchiaino? E che dire su una fetta di ricotta, in una salsina-emulsione con olio extravergine d’oliva?

Certo è incredibile pensare che fino a qualche secolo fa era il solo dolcificante abbordabile dal ceto abbiente. Insieme al sapore, sembra scomparso il ricordo delle allusioni che “miele”, parola antica di origine sumerica, porta alla mente: dalla luna di miele, allo stratagemma di Dedalo per far passare un filo da un capo all’altro di una conchiglia. Eppure bisogna riscoprirlo. Dal profumo di funghi del miele di eucalipto, al resinoso timo, dal confetto del miele di agrumi al cuoio del castagno.  Per non parlare dell’”umile” millefiori, sinfonia di una flora acerba primaverile o calda estiva. E poi, oltre al gusto? Si nascondono le riscoperte della tradizione ayurvedica, araba e greco-latina. Terapie antiche e sperimentate da generazioni di popoli e culture. Nella cultura indiana viene prescritto in piccole dosi come astringente, in quanto riduce le secrezioni e purifica il corpo; nella preparazione del basti (il corrispettivo ayurvedico del clistere) può sostituire lo yogurt o il latte impiegati per aiutare la detossicazione del colon senza irritarlo. Buona norma è quella di utilizzare il miele a temperatura corporea, mai in bevande bollenti se non in preparazioni che prevedono il forno come nel caso di dolci o torte (salate e non). In effetti i trattamenti termici e quelli simili (penso a impieghi con microonde o radiazioni gamma per la sterilizzazione sanitaria) ne modificano la struttura chimico-fisica. Gli enzimi contenuti e talune molecole (per esempio i polifenoli) sarebbero danneggiate: si avrebbe così uno zucchero complesso ma con azioni prebiotiche limitate.

Altro aspetto del miele è costituito dai sali minerali. Il rapporto sodio/potassio, che mi ricorda qualche pubblicità di acque minerali, è mediamente bassissimo (1/20), come si verifica nel mondo vegetale, da cui trae i microelementi (magnesio, fosforo, calcio, selenio, manganese, zinco eccetera) che sono un tesoro per la loro biodisponibilità e quindi la facile assimilazione. Il selenio, segnalano recenti ricerche, potrebbe promuovere la capacità del sistema enzimatico endocellulare per la protezione dai radicali liberi. La presenza di fruttosio e zinco (di origine botanica) nel miele potrebbe inoltre favorire la spermiogenesi, come conseguenza del miglioramento della respirazione mitocondriale. Purtroppo basse sono le concentrazioni di vitamine (le api le assimilano dal nettare e dal polline) e comunque vengono identificate la B1, B2, B6, C, PP.

miele-piero-1Il miele ha profumi che dipendono dalla provenienza del nettare: i mieli di castagno, rapa, soia, limone hanno profumi che sono riconoscibili al “naso” superfino di degustatori allenati. Alcuni aromi derivano da molecole complesse, come gli acidi grassi e polifenoli. Da pochi anni la ricerca ha tipizzato alcuni acidi fenolici e flavonoidi presenti nel miele e con grande sorpresa sono emerse le capacità antiossidative che erano state notate da tante scuole di Naturopatia nell’impiego di questo prodotto apistico. Ma non si fermano qui le indagini scientifiche, visto che l’impiego del miele nelle terapie per la pelle (ulcere, scottature e ferite) è secolare: le caratteristiche batteriostatiche del miele non sono solo riconducibili alla concentrazione degli zuccheri ma anche ai polifenoli che inibiscono la crescita batterica. Mentre si esplica l’azione antibiotica, il miele, nel contempo, nutre il tessuto danneggiato con i complessi glucidi, vitamine e microelementi che avviano la crescita e differenzazione del tessuto staminale dermico.

Nel miele oltre a glucosio e fruttosio, che costituiscono la parte più cospicua dei glucidi (circa 80%), vi sono altri zuccheri semplici e più complessi (oligosaccaridi come il melezitosio, che conferisce al miele di bosco la caratteristica densità); oltre al saccarosio (in alcuni mieli a stento raggiunge 1%) e maltosio (che è uno degli starter per la formazione del lievito madre), provenienti dai fiori o, come nuove ricerche mostrano, dalla flora contenuta nell’ampolla dell’ape (ingluvie), cioè dove viene immagazzinato il nettare dei fiori durante la raccolta (“bottinamento”) fuori alveare. Dato che il miele non è solo zucchero, fa piacere sapere che rispetto a questo ha meno calorie (quasi 100 rispetto allo zucchero comune/di canna). Ma questi zuccheri che fanno? Si va da un aiuto alle funzioni cerebrali da un lato ad un migliore supporto al fegato, vera centrale di molteplici funzioni metaboliche, senza dimenticare che il successo del miele nel latte, vecchia “terapia della nonna”, sembra essere quasi simile a quella di alcuni prodotti OTC (destrometorfano e levodroprozina) per ridurre la tosse aspecifica nei bambini. Approfondiremo in un prossimo articolo quali siano le ricerche sul miele che motivano alcune applicazioni, come quest’ultima, storiche e recenti.

dr. PIETRO PAOLO MILELLA
biologo, naturopata, consulente di apiterapia.